02/04/2006 - formazione ed educazione continua del logopedista

Vi segnaliamo del materiale in lingua italiana utile alla formazione ed all'aggiornamento professionale del logopedista

 La formazione e l’educazione continua dell’operatore sanitario e nella fattispecie del logopedista, è ormai fattore imprescindibile nello svolgimento della propria attività quotidiana. Ma come ogni logopedista  perfettamente sa, l’aggiornamento significa pure una costante conoscenza e revisione della letteratura scientifica attualmente disponibile. Tuttavia il materiale a disposizione sia cartaceo che online è nella quasi totalità in lingua inglese. A questo scopo, fermo restando il valore insostituibile della conoscenza della letteratura non in lingua madre, vogliamo segnalare alcune opportunità in lingua italiana a chi mastica poco l’inglese e soprattutto per conoscere quanto la realtà italiana ci sta offrendo.

Le Edizioni Erickson hanno messo a disposizione l’INDEX RIVISTE, ovvero un servizio di informazione agli abbonati sugli articoli di tutte le riviste in uscita. Per ricevere la newsletter con le informazioni sulle attività culturali e formative è sufficiente registrarsi nel sito www.erickson.it.

Vi segnaliamo tra le riviste-novità del 2005 edite dalle Edizioni Erickson “DISTURBI DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’”, la quale “attraverso la pubblicazione di articoli tratti da riviste internazionali e contributi nazionali intende approfondire le modalità di valutazione diagnostica, i diversi approcci terapeutici e abilitativi (…), i risultati di ricerche sperimentali e le diverse esperienze sul campo” e LOGOPEDIA E COMUNICAZIONE” diretta da Adriana De Filippis, nata con l’intento “non solo di offrire l’opportunità di riflettere sulla gamma di patologie che lo specialista del linguaggio incontra  nel suo campo professionale, ma vuole informare su tutte le novità in campo internazionale e dare la possibilità di conoscere leggi nazionali ed europee (Comité Permanent de Liason des Orthophonistess-Logopèdes della Comunità Europea ), delibere istituzionali, novità riguardanti il riconoscimento della professione e i diritti e i doveri del logopedista”.

A questo proposito, per esempio, , Vernero e Roustit (Logopedia e comunicazione, 2005,1) affrontano il delicato e attualissimo argomento dell’istruzione superiore in Europa, il Sistema di Trasferimento dei Crediti e la Riforma Moratti in Italia, peraltro ripreso e esposto da Vernero anche nell’ambito delle  interessantissime Giornate di Studio “Evidenze scientifiche e appropriatezza in Logopedia” (Roma, 2-3 dicembre 2005). “A seconda dei Paesi la preparazione di base dei Logopedisti varia dai 3 ai 6 anni di studi dopo l’esame di maturità o equivalenti. Perlopiù i centri di formazione dipendono dalle Facoltà di Medicina e qualche volta gli studi si effettuano in scuole specializzate di grado universitario in stretta interdipendenza con centri di Riabilitazione. I programmi di studio tengono conto delle competenze che si devono esigere dal logopedista in quanto professionista-terapeuta di comunicazione e linguaggio. Gli insegnamenti vertono su ambiti molto diversificati trattandosi di una disciplina che si colloca al centro di scienze molto diverse tra loro. Oltre alla formazione teorica gli studenti effettuano un gran numero di stage pratici e tirocini in diversi servizi e centri specializzati sotto la guida di logopedisti clinici. Il corso di studi termina con un esame di stato e la compilazione di una tesi.

I principi del dispositivo Laurea-Master-Dottorato è organizzato su 3 livelli: licenza (per l’Italia, laurea triennale), master (per l’Italia è variabile la durata, 1 o 2 anni accademici), dottorato. Nel quadro di questa armonizzazione, le università adatteranno la loro offerta di formazione secondo una struttura in 3.5.8 o LMDe cioè Licenza (3 anni curriculari ), Master (5anni curriculari), Dottorato (8 anni curriculari). Questi nuovi gradi universitari sono diplomi nazionali, riconosciuti in Europa ed anche in numerosi altri paesi, quali Stati Uniti e Canada. Trentadue Paesi europei hanno deciso di armonizzare i loro titoli fra il 2002 e la fine del decennio. In Italia il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha avviato da più di un anno le procedure per la revisione del Regolamento n. 509 del 1999. Tale regolamento aveva definito la nuova architettura degli ordinamenti didattici universitari, anche a seguito degli impegni europei assunti con la sottoscrizione della Carta di Bologna. Il testo inoltrato per l’acquisizione dei pareri previsti dal nostro ordinamento, sta compiendo il suo iter, pur fra posizioni fortemente contraddittorie che alcuni aspetti della Riforma Moratti sollevano. Il sistema del cosiddetto 3+2 viene riconfermato con un diverso modello strutturale, con l’eccezione già prevista dalla 509 per quelle aree come quella medica per cui le direttive comunitarie impongono un percorso unitario; si arriverebbe a disegnare un modello a “Y”, caratterizzato dall’”1+2+2”.Vale a dire un anno di base identico per tutti i corsi, probabilmente per classe (60 CFU cioè Crediti Formativi Universitari), seguito da un biennio professionalizzante che porta ad una laurea triennale per chi voglia entrare subito nel mondo del lavoro (180 CFU). In alternativa un biennio metodologico sempre di 180 crediti che porta ad una laurea che consente l’accesso alla laurea magistralis (300CFU totali). Per quanto concerne la professione di logopedista non può che essere vista in modo molto critico la dicotomia professione-metodologia e ricerca. L’orientamento normativo, sociale e  organizzativo dei servizi sanitari dalla 502/92 ad oggi, non lascia dubbi rispetto al fatto che assistenza, lavoro clinico, ricerca finalizzata, miglioramento della qualità e qualità percepita siano ormai parametri strettamente Imbricati e indissolubilmente legati nella sanità del terzo millennio”.

Un'occasione imperdibile è quella di Andretta  (Logopedia e comunicazione, 2005, 2) che espone dettagliatamente una metodica aggiornata per la valutazione e la terapia dei disordini orofacciali miofunzionali  con l’obiettivo di “identificare precocemente i disordini, per realizzare un trattamento riabilitativo efficace nel più breve tempo possibile, migliorando, in tal modo, la qualità di vita del paziente”. Vengono descritti ed allegati il Protocollo diagnostico funzioni orali ( Andretta, 2001), la Scheda di controllo, la Metodologia della terapia logopedica (presa in carico logopedica, durata e frequenza delle sedute, valutazione dei risultati ottenuti, elenco del materiale per eliminazione dei vizi orali-parafunzioni, elenco del materiale per esercizi di base, schema riassuntivo degli esercizi) ed infine una utilissima tabella comparativa  delle strutture delle funzioni orali normali e deviate.

La deglutizione infantile presenta caratteristiche fenomenologiche proprie ( Schindler, Atti Meeting 1° Congresso Gruppo Italiano Studio Disfagia, Roma, 18/19 Novembre 2005) e i disturbi sono stimati intorno al 25-35% dei bambini senza alterazioni neurologiche e intorno all’80% dei bambini con ritardo dello sviluppo psico-motorio. Raramente si presentano isolate ma possono essere associati a disordini comportamentali e neurologici. Possono essere suddivise in: 1) disfagie da alterato sviluppo dalla deglutizione infantile alla adulta e 2) disfagie da malattie che alterano il transito del bolo dalla bocca allo stomaco (prematurità, malattie gastrointestinali, cardiache, respiratorie, neurologiche, malformazioni cranio-facciali). L’iter diagnostico necessita pertanto di un approccio multidisciplinare, ma tuttavia in fase diagnostica hanno un uso limitato, seppure fondamentale, le principali tecniche strumentali utilizzate nelle disfagie dell’adulto: la FEES (cioè fibroendoscopia) per la ridotta compliance e la VFG ( cioè videofluorografia) per l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Assume quindi un ruolo importante la valutazione clinica che si differenzia da quella dell’adulto per lo studio attento degli alimenti utilizzati nella dieta (con particolare attenzione ai tempi e alle modalità di svezzamento e dei pattern neuromuscolari utilizzati nel trasferire il bolo dall’esterno allo stomaco (con particolare attenzione ai riflessi arcaici). Le possibilità di rimediazione sono largamente determinate dalla malattia di base; in molti casi sono possibili interventi chirurgici o farmacologici in grado di modificare significativamente la disfagia. In tutti i casi sono necessari programmi riabilitativi accurati per evitare/correggere disturbi nello sviluppo della deglutizione secondari alla mancata stimolazione delle strutture deglutitorie, come spesso accade nei bambini nutriti per sondino naso gastrico o per gastrostomia nei primi anni di vita.

 

Patrizia Consolmagno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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